È il caso di IMAGINE MY EMBARRASSMENT, IS EVERYBODY HAPPY? e THE BOOSTER. ALL PARTS (ottobre ’28) invece sopravvive come un’altra escursione di Chase sul tema della rampante chirurgia estetica e sui risvolti comico/umoristici che genera nella mente delle persone. In CHASING HUSBANDS (dicembre ’28) Chase appare in uno dei suoi rari travestimenti femminili. Charley è costretto a farlo per lavoro ma vestito da donna finisce per vincere un concorso di bellezza. In CHASING HUSBANDS un plauso eccezionale è da attribuire anche ad Edgar Kennedy in una delle parti più ciniche della sua carriera. Il film è girato in modo eccelso e alcuni doppi sensi e situazioni anticipano persino certi momenti di A QUALCUNO PIACE CALDO, la commedia da Oscar che Billy Wilder realizza nel 1959; RUBY LIPS (gennaio ’29), è descritto interamente nel mio libro ma rimane ancora lost film a tutti gli effetti; OFF TO BUFFALO (febbraio ’29) è invece l’ultimo capolavoro di Charley Chase, a mio giudizio una sorta di piccolo testamento metacinematografico. Il corto infatti è una finzione all’interno della finzione stessa, posto che Charley, sua moglie e i vicini provano a inscenare un film amatoriale. Finzione che poi nella scena finale come un secchio d’acqua fredda si ritorce contro il protagonista; LOUD SOUP (marzo ’29) e THIN TWINS (aprile ’29) sono invece dei remake (perduti) di film precedenti di Chase. L’ultimo muto di Chase esce nelle sale l’11 maggio 1929, MOVIE NIGHT. Il corto è un parziale rifacimento di uno dei suoi primi one reeler, THE FAMILY ENTRANCE (1924). Sopravvissuto e uscito anche in una raccolta DVD, racconta con divertita ironia una serata passata al cinema con miraggi di sconti all’entrata, singulti fastidiosi e concorsi a premi non proprio benvenuti. Charley Chase conclude proprio in sala la sua più felice avventura cinematografica. Con il parlato infatti nonostante gli incassi continuassero ad essere ottimi avrebbe inesorabilmente perso qualcosa. Non disponendo di una maschera collaudata e atemporale come quella di Laurel e Hardy, i suoi cortometraggi sonori, per quanti arguti e divertenti possano essere, visti oggi ricordano più sitcom televisive che prodotti per il cinematografo. Ormai preda dell’alcool Chase non riesce a ritrovare quell’impronta innovativa che lo aveva contraddistinto per la parte precedente della sua carriera e si perde rifacendo vecchie routines e adattandosi in modo troppo letterale al verboso linguaggio cinematografico degli anni ’30. Devastato per la perdita del fratello James scomparso nel maggio 1939 a soli quarant’anni, Charley muore per infarto il 20 giugno 1940 a quarantasei anni. Di lui oggi rimangono ancora una miriade di film da riscoprire e da apprezzare e il giusto posto che meriterebbe nella storia della settima arte, quello di un innovatore che seppe vedere prima degli altri il valore simbolico della comicità come mezzo autonomo di riflessione e stravolgimento di uno status quo soltanto apparente. Questo posto, purtroppo, non gli è ancora stato riconosciuto.

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